IL PIÙ GRANDE FALSO STORICO DI TUTTI I TEMPI:
LA LINGUA LATINA “COMUNE”
Salude a totus. Salute a tutti. Eccomi qua a presentare la mia nuova opera intitolata “Il più grande falso storico di tutti i tempi: la lingua latina “comune”. «Perché la lingua latina “comune” è un falso storico?» mi sono chiesto qualche anno fa, quando ho intrapreso lo studio di linguistica storica e comparata della lingua latina rapportata a quella sarda. A questa domanda ho dato risposta in 330 pagine, distribuite in 33 capitoli di storia, il cui testo è supportato da 873 note a piè di pagina in cui è indicata la fonte o la bibliografia di riferimento. Arricchiscono l’Opera decine di foto indicative, tabelle di riferimento e cartine geografiche.
Il latino che si studia oggi nelle scuole è il prodotto di una errata interpretazione storica, poiché tale lingua non è il risultato di una evoluzione naturale del linguaggio parlato nel Lazio antico dai Romani, diffusosi dopo la conquista imperiale nel resto dell’Europa occidentale, ma l’esito di una lingua costruita a tavolino subito dopo l’occupazione militare da parte dell’esercito romano dei territori peninsulari in cui erano situate le città della Magna Grecia (267 a.C.).
La lingua latina, riportata in centinaia di testi di vari autori e in migliaia di iscrizioni, è quindi una forma di scrittura standardizzata, fatta elaborare dal Senato romano tra il 267 a.C. e il 240 a.C., anno in cui si è tenuta la presentazione della prima opera teatrale in lingua latina comune da parte di Livio Andronico, al fine di unificare sotto un unico segno linguistico le popolazioni conquistate. Il latino è pertanto una lingua “comune”, ovverosia una raccolta di più varianti linguistiche in un unico corpus.
La maggior parte delle lingue moderne, come l’italiano, sono espressione di lingua normalizzata, che hanno un antecedente storico nella Koinè, o lingua “Comune”, voluta da Alessandro Magno. Appartenendo a codici scritti dei più perfetti, tali lingue posseggono delle grammatiche che ne disciplinano le regole di utilizzo, condivise da chi legge e da chi scrive. Partendo da questi presupposti, è stato relativamente semplice comprendere le linee progettuali e le dinamiche storiche che hanno determinato la creazione della lingua latina “comune”.
Come un giocattolo messo insieme da tante lego colorate, in una ipotetica composizione di tasselli linguistici, ho selezionato quelli rossi presi da una lingua e quelli blu afferenti ad altro idioma. Nella lingua sardo-greco-latina ho potuto pertanto individuare la radice blu di nomi, aggettivi e pronomi appartenenti al sardo e la flessione di colore rosso degli stessi morfemi nominali di derivazione greca. Nel colore blu ho riconosciuto le persone verbali sardo-latine e in quello rosso i costrutti verbali greci. Semplificando, i Romani hanno applicato alla radice sarda dei nomi il morfema greco.
Il sistema più difficile da scardinare in una costruzione artefatta, quale è stata quella della lingua latina comune, è l’occultamento delle dinamiche storiche, ovverosia la distruzione e la contraffazione delle prove che porterebbero all’origine della lingua “comune” sardo-greco-latina. Le motivazioni politiche di tale atto possono essere riassunte in due parole: i Romani volevano mostrare al mondo una discendenza di sangue con i Greci e hanno conseguentemente manipolato le fonti sulla loro origine storica.
Sostenere oggi, in antitesi ai più recenti risultati di studio conseguiti dalla linguistica, che i Romani abbiano portato nella loro breve opera di conquista la lingua latina “comune”, con i “casi” presi dal greco, in un territorio vasto quanto l’Italia, la Francia, la Spagna, il Portogallo e la Gran Bretagna, e che, una volta caduto l’Impero, tali casi e costrutti del greco siano scomparsi nel nulla, è un falso storico di proporzioni titaniche, alimentato involontariamente o di proposito da chi ha voluto e vuole assegnare ai Romani, anche, il primato sulle lingue romanze.
Considerare il sardo una lingua neo-latina significa distruggere la storia millenaria della Sardegna nel Mediterraneo antico prima dell’avvento di Roma. In questo testo, attraverso centinaia di fonti, svelo le vicende che hanno contribuito alla costruzione del falso storico e, andando a ritroso nel tempo, dimostro che le stesse città di Roma e di Atene sono di fondazione sarda. Quindi ricostruisco le basi gettanti della civiltà sarda, che, da almeno quattromila anni prima di Cristo, ha dominato la scena su tutto il Mare Nostrum.
Ho voluto analizzare i più importanti simboli della Roma repubblicana per evidenziare che essi esistevano secoli prima in Sardegna. Quindi ho descritto il Calendario, il Tirso, la Tiara, la Galea pinnata, l’Acquedotto, il Bellum (la guerra), la Tribù, l’Urbe, il Palatino, la Scrittura, la Lingua latina e le Divinità portate dai Sardi a Roma e nel Lazio in tempi remoti. Pertanto, attraverso la riscoperta e la riscrittura della storia antica della Sardegna, ho potuto mettere a nudo il più grande falso storico di tutti i tempi: la lingua latina “comune”.
La scoperta di un falso storico millenario potrebbe farci sorridere, come una di quelle grandi rapine epocali svelata ai posteri, se non fossimo stati noi Sardi i diretti interessati e danneggiati.